La notifica effettuata dall’agente della riscossione per mezzo di un indirizzo PEC non risultante nei pubblici registri (IPA, REGINDE e INIPEC) rende la notifica stessa inesistente e, in quanto tale, non suscettibile di sanatoria.

Qual è il quadro normativo di riferimento?

Il tema della notificazione di atti esattoriali effettuata tramite PEC è disciplinato dall’art. 3 - bis della L. 53/1994, rubricato “Notificazione in modalità telematica”; il co. 1 di tale articolo sancisce che: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.”

In altre parole, l’articolo in esame prevede che la notificazione con modalità telematica deve essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata dall’indirizzo/all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, in ossequio alla normativa inerente alla sottoscrizione, alla trasmissione ed alla ricezione dei documenti informatici.

L’individuazione dei pubblici elenchi ai quali l’appena citato articolo fa riferimento è affidata all’art. 16 - ter del DL n. 179/2012 (convertito in legge, con modifiche, dalla L. 17/12/2012, n. 221 con decorrenza dal 19/12/2012), rubricato “Pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni”; in particolare, il co. 1 dell’articolo i oggetto prevede che: “A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall’art. 16, co. 12, del presente decreto, dall’art. 16, co. 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia”.

In sintesi, la normativa fa riferimento ai registri IPA, REGINDE e INIPEC in cui devono obbligatoriamente essere registrati gli indirizzi di provenienza delle notifiche.

Il profilo tecnico - operativo della gestione degli indirizzi PEC delle pubbliche amministrazioni sono disciplinati dall’art. 16, co. 12 del DL 179/2012, il quale prevede che: Al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comunicano al Ministero della giustizia, con le regole tecniche adottate ai sensi dell’art. 4, co. 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, l’indirizzo di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e successive modificazioni, a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L’elenco formato dal Ministero della giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati. Con le medesime modalità, le amministrazioni pubbliche possono comunicare altresì gli indirizzi di posta elettronica certificata di propri organi o articolazioni, anche territoriali, presso cui eseguire le comunicazioni o notificazioni per via telematica nel caso in cui sia stabilito presso questi l’obbligo di notifica degli atti introduttivi di giudizio in relazione a specifiche materie ovvero in caso di autonoma capacità o legittimazione processuale. Per il caso di costituzione in giudizio tramite propri dipendenti, le amministrazioni pubbliche possono altresì comunicare ulteriori indirizzi di posta elettronica certificata, riportati in una speciale sezione dello stesso elenco di cui al presente art. e corrispondenti a specifiche aree organizzative omogenee, presso cui eleggono domicilio ai fini del giudizio”.

Cosa emerge dal quadro normativo di riferimento?

Il quadro normativo descritto evidenzia con chiarezza la volontà del legislatore di sancire l’obbligo che l’attività di notifica effettuata dalle pubbliche amministrazioni avvenga solo ed esclusivamente mediante l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica certificata risultanti dai pubblici elenchi; si capisce come l’obiettivo fondamentale è quello di assicurare la necessaria certezza sulla provenienza e sulla destinazione dell’atto oggetto di notifica.

In base a quanto appena esposto, ne consegue che qualunque notifica proveniente da un indirizzo PEC non contenuto nei pubblici registri risulta in palese contrasto con la normativa vigente in materia e, pertanto, inequivocabilmente priva di effetti giuridici.

Infatti, l’utilizzo di indirizzi non ufficiali comporterebbe l’assoluta incertezza del soggetto da cui proviene l’atto impugnato, tutto ciò in violazione delle norme circa la certezza, l’affidabilità giuridica del contenuto dell’atto stesso e del diritto di difesa del contribuente.

È per questi motivi che, nei casi di notifiche effettuate mediante indirizzi di posta elettronica certificata non ufficiali, si avrà come conseguenza l’inesistenza giuridica della consegna informatica dell’atto tributario in quanto proveniente da soggetto formalmente “sconosciuto” al contribuente.

Qual è l’orientamento della giurisprudenza sul tema?

Sul tema in oggetto vi è un orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito ormai consolidato secondo cui la notificazione via PEC, per essere considerata valida, deve essere necessariamente eseguita utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante che risulti da pubblici registri (IPA, REGINDE e INIPEC).

Inoltre, ad ulteriore sostegno di quanto appena detto, è bene evidenziare che la Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 3093/2020, ha sancito che: La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”, precisando, in aggiunta, che l’elencazione dei Pubblici Registri non è esclusiva, ma tassativa e fondata sulla pubblica riconducibilità dell’indirizzo al soggetto.

Cosa è possibile concludere?

La normativa di riferimento e l’orientamento giurisprudenziale sul tema delle notificazioni telematiche effettuate dalla PA evidenziano con chiarezza come, ai fini della legittimità degli atti notificati, è fondamentale che gli stessi provengano da un indirizzo PEC dell’agente della riscossione risultante dai pubblici elenchi (IPA, REGINDE e INIPEC) consultabili dai contribuenti.

Nel caso in cui l’invio degli atti fosse effettuato da un diverso indirizzo PEC, la notifica è da considerarsi indiscutibilmente inesistente in quanto, di fatto, risulta totalmente compromessa la certezza della provenienza dell’atto, a fronte dell’oggettiva impossibilità di riferire l’indirizzo PEC utilizzato all’agente della riscossione; da ciò ne consegue l’assoluta inesistenza della notifica, nonché la nullità insanabile dell’atto presupposto.

 

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