Il Fisco, inaspettatamente, ripropone l’attivazione del redditometro e riprende il discorso dal 2018, anno in cui si era arrestato l’iter per l’attuazione del nuovo strumento di accertamento sintetico dei redditi dei cittadini, riscritto dall’allora governo giallo-verde con il decreto Dignità. In quel frangente, infatti, i partiti di maggioranza riscrissero le regole dello strumento introdotto per misurare la capacità di spesa delle famiglie in relazione ai redditi dichiarati senza, però, arrivare alla più volte promessa abolizione di quest’ultimo.
Gli sviluppi dell’epoca portarono, comunque, alla definizione di una sorta di clausola di salvaguardia per i contribuenti che prevedeva che i nuovi criteri degli accertamenti induttivi sarebbero diventati operativi solo dopo aver sentito “l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti”.
Recentemente, a tre anni dalla sua individuazione, tale clausola è diventa operativa; il 10/6/2021, infatti, il dipartimento delle Finanze ha avviato la consultazione pubblica sul nuovo redditometro che si chiuderà il prossimo 15 luglio. La consultazione è indirizzata soprattutto, alle associazioni più rappresentative dei consumatori e punta ad acquisire valutazioni, osservazioni e suggerimenti per il ritorno in piena attività del redditometro, che sarà impiegato (come stabilito dal decreto Dignità) per gli accertamenti a partire dal periodo d’imposta 2016.
Qual è la finalità principale di tale strumento?
L’obiettivo è fotografare in modo più nitido e completo la reale capacità contributiva in modo da far scattare i controlli veri e propri solo in presenza di uno scostamento superiore del 20% tra redditi dichiarati e redditi ricostruiti.
Quali sono le spese ricomprese nei conteggi? E quali i criteri e le fonti informative adottate?
Nell’effettuazione di tale ricostruzione, gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria considereranno varie tipologie di spesa:
- generi alimentari;
- bevande;
- abbigliamento e calzature;
- abitazione;
- combustibili ed energia;
- mobili, elettrodomestici e servizi per la casa;
- sanità;
- trasporti;
- comunicazioni;
- istruzione;
- tempo libero, cultura e giochi;
- altri beni e servizi.
Oltre ai consumi, il cerchio si chiuderà ricomprendendo anche i dati su investimenti (immobiliari e mobiliari), risparmio e spese per trasferimenti. Proprio sul risparmio,la bozza del decreto parla espressamente della “propensione”; di fatto, il Fisco punta a sfruttare meglio le potenzialità finora inespresse della Superanagrafe dei conti correnti, dove per ogni rapporto può contare su cinque dati chiave:
- il saldo a inizio anno;
- il saldo a fine anno;
- il totale dei movimenti in entrata;
- il totale dei movimenti in uscita;
- il valore di giacenza media.
Questo dovrebbe consentire, dal punto di vista di chi controlla, di individuare meglio i redditi da “nero” anche se poi non si sono tradotti in consumi.
Per quanto riguarda i consumi, il Fisco considererà in prima battuta i dati di cui già dispone in Anagrafe tributaria. La strada immediatamente alternativa, laddove non ci sia rispondenza dell’informazione, sarà rappresentata dai panieri Istat il cui ricorso è più che raddoppiato rispetto al precedente decreto del 2015. Attenzione, però, perché vengono ora individuate categorie di consumi considerate essenziali per le quali si considererà la spesa minima per conseguire uno standard di vita accettabile (la cosiddetta “soglia di povertà assoluta”).
È il caso, ad esempio, delle voci di spesa relative ad alimentari e bevande, abbigliamento e calzature, trasporti, istruzione e prodotti per la cura della persona.
Ovviamente, il riferimento ai valori Istat non può essere assoluto, altrimenti il risultato rischierebbe di essere falsato, ma si considereranno 55 tipologie di famiglie-tipo: si tratta di 11 nuclei (dal single con meno di 35 anni alle coppie con tre o più figli), ognuno dei quali viene poi declinato su cinque macro aree geografiche.
Confronto Fisco - contribuente: cosa cambia?
La difesa del contribuente passerà anche dal confronto con gli uffici del fisco in contraddittorio per spiegare da dove emerge l’eventuale maggiore capacità contributiva, anche perché andrà contestualizzato l’impatto delle spese effettuate per investimenti (l’esempio tipico è quello di una casa). Il Fisco, infatti, tende a considerare che le risorse siano maturate nell’anno d’acquisto, mentre è il contribuente a dover provare che la dotazione si è formata, per esempio, con risparmi maturati negli anni precedenti.